mercoledì 31 agosto 2011

distratto, sul letto disfatto, ti aspetto

nebbia

Che odio, la nebbia
che ottunde la vita,
che copre la terra,
che affoga il mio io,
la nebbia, che odio,

se penso al mio vento
che spinge profumi
che spazza le nubi
che tende i miei nervi
che rende violenti.

ero triste

Era inutile.
Io premevo, con le dita serrate,
le mani unite, bloccate tra loro nello sforzo.
Disperato.
Quell'essenza potente, dotata di coesione insostenibile
cominciava già a passare
in forma di fumo tra nocca e nocca
e scioglieva al primo contatto
le gocce di sudore,
prima barriera
e inutile resistenza del mio cervello.
Bisognava tentare:
di colpo rilasciarsi
nella speranza di sopravvivere
agli effluvi di quell'ondata misteriosa e repellente
concentrandosi sulla vita
dopo il sogno.
Perché di questo si tratta.

Terra di Maremma

Un soffio leggero, sensuale, la percorre
e la vedo godere.
La vedo fremere
e ogni sua piega tendersi, rilasciarsi,
essere pronta a nuovi imprevedibili stimoli.
Mi eccito osservandola
così tesa, fresca, disponibile.
La tocco leggero, forte, presente
mi annullo su di lei
che mi accoglie
compagna e complice
del mio infinito desiderio di oblio.

Donne della mia generazione

Le donne della mia generazione
così disinibite
così inibite.
Ti portano in paradiso con uno sguardo
ti uccidono con una lacrima.
Non si possono accettare
così diverse dalle loro madri
così diverse dalle loro figlie.
Le donne della mia generazione
come posso non amarle
per quello che sono
come posso non amarti
così estrema in ogni tuo gesto
così uguale a come sono io
Così animale quando fai l'amore
così geniale quando parli dell'uomo
come posso non amarti io
che sono la bestia
più feroce del serraglio
la pantera che soffre dietro sbarre al titanio
che ringhia e ferisce
che sbatte il suo corpo
e salta e urla
terribile la sua disperazione
perché vuole uscire
perché sa che appena fuori sarà.

Giglio Porto. Sulla strade per Le Cannelle

Salve.
Vi piace il mio giardino?
Altro che quelli che vedevamo nei film inglesi.
Ho deciso di passarci il resto del mio tempo.
Qui posso non riposare,
sento, vedo, assaporo profumi.
Questo sole violento,
che rimbalza sulle grandi pietre bianche
e acceca.
La risacca sugli scogli,
cento metri più sotto
ovattata dal muro
che mi fa vedere e sentire
il vento
senza il suo freddo disturbo.
Grazie per essermi venuti a trovare.

i tuoi occhi

scorro veloce volando su prati
sento profumo di muschio e di pini
respiro le alghe su ripidi scogli
vertiginosamente precipito
in un caleidoscopio monocromo.

E sto solo guardandoti negli occhi.

saraonda

Abile.
Quell'onda impertinente
sembra saperlo che ami giocare.
E sale, con lenta malizia
a coprirti fino al seno.
Con altrettanta studiata lentezza
si ritirerà.
Resta negli occhi
l'irripetibile tu
perfettamente tu
perfettamente ironica
perfettamente ombra.

harem

tu sei il mio harem

la narratrice di favole

l'incantatrice di serpenti

la compagna di sbronze

la fine indagatrice

l'amante insaziabile

l'elegante intellettuale

lo sguardo avvolgente

l'aio che ascolto

la voce che sfido

l'ingenuità che mi lusinga

la donna ad ogni ora diversa

che ad ogni ora voglio nel letto

che in ogni momento voglio al mio fianco

hai la vita alta

Ho la vita stretta. Stretta la vita, larga la voglia. E tu hai vita alta. Che vita, però. Lo sappiamo, ci guardiamo, lo sappiamo. Più sotto migliaia di occhi ti guardano spalancati, a volte devoti, a volte sporchi. Lo so, lo sai, nulla possono. E io riparto. Un nuovo viaggio, verso il cuore del bosco, dove crescono dalie in una inattesa, improbabile radura.

Non temo il lupo che mi guida. La mia calma rassicura lui, rassicura me. Non temere il lupo che mi guida, non temere il leone, non temere l'orso, non temere il cavallo, non temere il gufo. E' un viaggio. Hai vita alta, ruote veloci, capaci di superare ogni terreno. Non ti prenderò per mano, non ti offenderò. L'umida corteccia alla quale mi appoggio emana profumo di legno che non potrà mai ardere. In questa calma si incroceranno le nostre gambe. Il bosco suonerà per noi. Vedo la terra felice di essere graffiata dalle tue dita.

sabato 27 agosto 2011

domenica 21 agosto 2011

festa dell'Unità

C'era ancora la festa dell'Unità e c'era ancora il PCI. Alcuni amici, anche se io non sono mai stato iscritto a quel partito, mi chiesero di aiutarli nell'allestimento. L'inizio di luglio, a Bergamo sa essere implacabile. Sul grande piazzale dell'area feste il sole cominciava a farsi sentire e insieme al rumore dei primi camion provocava un irrefrenabile desiderio di birra gelata. Cominciammo a guardare le piantine, distribuendo faticosamente tubi innocenti e gangli in ottone sul terreno. Eravamo decisamente pochi per riuscire a completare in una settimana tutti gli stand che erano stati previsti. Ma dovevamo dimostrare di esserne capaci. A metà mattina, già stravolti dal caldo e dalla fatica, vedemmo avvicinarsi dal quartiere vicino un noto fascistello. Un manzo di venticinque anni, un metro e novantacinque per centotrenta chili di muscoli che si stava avvicinando a me e ai quattro con cui lavoravo, tra cui Bepi, un alpino in pensione che devolveva gran parte del suo tempo a far amare la montagna ai ragazzini delle medie. Il personaggio, Umberto, noto come Umbi, una volta raggiunto il nostro gruppo si rivolse al Bepi mentre noi ammiravamo il suo taglio di capelli impostogli da un barbiere sadico che aveva sottolineato la fronte non propriamente alta di Umbi con una frangetta deliziosa…
"Posso aiutarvi?" Mai avremmo immaginato. Il Bepi ci guarda, sorridiamo e dopo una pacca sulle spalle ci siamo rimessi a lavorare. Umbi era formidabile: spostava tubi innocenti, alzava pali, inchiodava, sollevava congelatori come fossero scatole di fiammiferi e noi grati e increduli ci guardavamo non capendo a che santo dovessimo quella incredibile conversione.
A fine giornata, avevamo ampiamente superato la tabella di marcia e ipotizzavamo di concludere con largo anticipo il lavoro. Una birra al bar, tutti insieme suggellò la giornata. Il giorno dopo, l'allestimento proseguì spedito e senza intoppi. Arrivarono altri camion, con le sedie, i tavoli, i teloni di copertura e la domenica sera avevamo praticamente finito con giorni di anticipo grazie sicuramente all'impegno indefesso di Umbi, fascista clamorosamente convertito sulla strada di Damasco. Erano le sei del pomeriggio, arrivò un ultimo camion con le bandiere del Pci, gli striscioni e i pannelli. Cominciammo a scaricare e a srotolare e issare le bandiere in un tripudio di rosso festante. Umbi ci guardò perplesso. Non capivamo il suo immobilismo. Guardò il Bepi e gli chiese: "Ma come, non è la festa degli Alpini?"… Si mise nella tasca posteriore dei jeans i guanti e se ne andò a testa bassa, tirando moccoli irripetibili. Nessuno di noi osò ridere a voce alta per paura di legnate o ripercussioni, ma la sera e per tutto il periodo della Festa quella storia fece scompisciare dal ridere tutta la città.

giovedì 18 agosto 2011

che siamo stanchi di questo mondo si capisce dal fatto che le borse sono sotto gli occhi di tutti